Scenari

I giocatori d’azzardo patologici presentano spesso un particolare profilo cognitivo, caratterizzato dalla presenza di errori di ragionamento detti «bias». Ne sono un esempio la cosiddetta «fallacia dello scommettitore», ovvero la falsa convinzione secondo cui un evento casuale è più o meno probabile in base ai risultati di un evento precedente (“Se lancio una moneta ed esce testa al prossimo lancio uscirà croce”) e la «correlazione illusoria», cioè la credenza errata che eventi casuali siano in realtà correlati (“Ho comprato un biglietto vincente in quella tabaccheria, per cui adesso li comprerò sempre lì”). Questi bias sono spesso sfruttati nella progettazione stessa di alcune tipologie di giochi (come le slot machines o i casinò online) e rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di una dipendenza, poiché incentivano il giocatore a mettere in atto comportamenti ossessivo-compulsivi, spingendolo a giocare sempre di più e a spendere somme di denaro crescenti, al fine di recuperare quanto perso.

Gli atti di bullismo e cyberbullismo sono tra loro strettamente connessi, tanto che l’uno sfocia molto spesso nell’altro e viceversa. Essi riguardano ancora oggi moltissimi ragazzi e ragazze in tutto il mondo, sia in quanto vittime, che nei panni di (cyber)bulli/e. I bulli utilizzano atteggiamenti deliberatamente aggressivi e ripetitivi, molestando e prendendo di mira coloro che reputano più deboli o non in grado di difendersi, spesso concentrandosi su specifiche caratteristiche fisiche, in modo offensivo e denigratorio. In questo modo il bullo, che è in una posizione di potere dovuta all’età/la forza/il genere/la sua popolarità tra i pari, mira a offendere, causare danno e disagio psicofisico ma, soprattutto, mira a dominare la vittima, orientando spesso anche i comportamenti e gli atteggiamenti dei compagni verso di lei, con il fine ultimo di isolarla e assoggettarla al proprio volere.

L’estorsione è una delle condotte illecite perpetrata nell’ambito della criminalità organizzata. Questo fenomeno è tra le attività principali di un’organizzazione criminale e spesso ha come vittime imprenditori e commercianti e talvolta anche professionisti che si ritrovano costretti a soggiacere alle minacce e alle violenze operate da malviventi che non hanno nessuno scrupolo. Le vittime sono disperate perché oltre al danno estorsivo spesso sono bersaglio di altre condotte criminose, quali minacce e violenze e spesso sopportano passivamente tutte queste angherie. Spesso le ritorsioni si estendono alle famiglie delle vittime, diventando a loro volta vittime. Le organizzazioni criminali si avvalgono di una rete, variegata e spietata di delinquenti, che costituiscono il braccio operativo e attraverso cui condotte come quelle descritte si materializzano.

Un/a groomer/adescatore usa strategie di manipolazione psicologica ottenere la fiducia di bambini e ragazzi in rete. Usando chat e messaggi potrebbe cercare di “riempire un vuoto”: il/la groomer dice di amare e capire un/una ragazzo/a in un modo che altri, anche i genitori, non possono fare, con frasi come: “Di me puoi fidarti perché nessuno ti capisce meglio me”. Un’altra strategia che può usare è scegliere un’identità più giovane e più gradevole/attraente, spesso tramite l’uso di un profilo fake con foto e informazioni create ad hoc o rubate ad altri (“Ciao, sono X… Ti ho notato/a spesso in giro, sai che frequentiamo la stessa scuola?”). Infine, per mantenere legato/a a sé la vittima, il/la groomer parla della relazione come un intimo segreto che va nascosto agli altri per evitare di essere incompresi e separati, magari anche con un ricatto (“Non devi dire a nessuno di noi, deve rimanere il nostro piccolo segreto… Gli altri non capirebbero mai. Se dovessi dirlo a qualcuno ci rimarrei malissimo, non potrei più fidarmi di te”.) In questo modo il/la minore diviene emotivamente invischiato/a nel rapporto, si sente incapace di reagire e impotente di fronte alle lusinghe o alle eventuali minacce dell’adescatore, non riuscendo a chiedere aiuto ad altri.

La rapidità di diffusione di contenuti e messaggi attraverso i canali web, in particolare attraverso l’uso dei social network, permette il rapido sviluppo di condotte illegali anche da parte di persone “insospettabili”. Quello che preoccupa di più è, tuttavia, la rapida diffusione delle condotte illegali tra i più giovani, un fenomeno che rischia di diventare virale ed incontrollabile. Lo scopo è spesso quello di vedere affermata la propria identità per ottenere dal gruppo riconoscimento e allo stesso tempo per differenziarsi dagli altri (“Se non faccio qualcosa di trasgressivo gli altri mi vedranno sempre e solo come un debole che non ha il fegato di rischiare”).
Un caso tipico di queste condotte è il revenge porn, che consiste nel diffondere sul web immagini o video sessualmente espliciti, solitamente per vendicarsi della fine di una relazione. Solitamente la vittima è ignara di tutto, sino a quando il fenomeno non viene scoperto o segnalato da qualche conoscente e, una volta appresa la notizia, cade in uno stato di sconforto e vulnerabilità, sentendosi impotente e sviluppando pensieri di autosvalutazione e senso di colpa (“Sono una stupida, come ho fatto a cascarci? È tutta colpa mia, adesso nessuno vorrà avere a che fare con me”).

Chi soffre di disturbi del comportamento alimentare (DCA) spesso inizia ad attuare strategie di controllo del peso attraverso un’attenta selezione delle cose da mangiare, fino al vero e proprio digiuno alternato, entrando in una dimensione dominata da pensieri sulla perfezione dei corpi altrui, magri e in forma (“Questa/o ragazza/o è proprio bellissima/o… Chissà come ci si sente ad essere così magri…”). Oggi un ruolo importante nel consolidare i pensieri e le condotte delle persone con DCA è giocato dai social network come Facebook, Instagram, TikTok che propongono continuamente foto di modelle/i che diventano per loro degli idoli, dei modelli di riferimento. Per esempio, molte challenge vengono lanciate su questi social network proprio dalle aziende produttrici di prodotti dimagranti e simili, spesso sponsorizzate da influencer e vip. Queste challenge rinforzano ancor di più le condotte compulsive attuate per tener sotto controllo il peso e le forme del proprio corpo, spingendo ragazzi e ragazze all’evitamento dei pasti e delle situazioni sociali che comportano il mangiare e il bere, al digiuno autoindotto intermittente, al praticare attività fisica eccessiva e compulsiva quotidianamente al fine di poter raggiungere l’obiettivo del “peso forma”.

L’utilizzo del web, e in particolare dei social media, ha favorito lo sviluppo e la diffusione del fenomeno della falsificazione dell’identità, che colpisce tantissimi ragazzi e ragazze. Il malintenzionato solitamente crea ed utilizza un falso profilo sui social network, utilizzando abusivamente l’immagine e i dati di una o più persone quasi sempre del tutto inconsapevoli. Inoltre, chi agisce falsificando l’identità sul web adotta uno stile comunicativo accomodante, comprensivo e persuasivo, facendo leva sulle debolezze e le vulnerabilità della vittima (“Sono d’accordo con te! Che bella persona che sei! Mi piacerebbe uscire con te”). Gli scopi di questa condotta sono diversi: adescare minori sul web, perpetrare truffe on-line, ottenere incontri occasionali, ecc. Le vittime, per contro, sono del tutto ignare del furto della propria identità subito e quando si accorgono di essere state raggirate spesso è troppo tardi. Queste condotte alimentano nelle vittime pensieri negativi su sé stessi e sugli altri, aumentando la sfiducia nel prossimo e nella propria capacità di relazionarsi (“Come ho fatto a fidarmi? Non capisco proprio niente degli altri… Ti vogliono tutti fregare, è inutile! Non mi fiderò mai più di nessuno”).

L’utilizzo delle chat nei giochi online, l’uso dei social network e di app di messaggistica istantanea come WhatsApp sono attualmente tra i mezzi più potenti di diffusione dell’hate speech da parte dei cosiddetti “hater”, che offendono e attaccano la propria vittima con frasi aggressive e denigratorie (“Sei veramente inutile. Che sfigato che sei. Fai schifo!”). Spesso gli hater attaccano la vittima riferendosi ad una specifica categoria e disprezzandola. Che siano gruppi o singoli individui, le vittime dell’hate speech possono essere le più disparate, a seconda che facciano parte di minoranze o categorie protette e vulnerabili della società. I bambini e gli adolescenti, grazie alla maggiore abilità nell’usare i social, richiedono un’attenzione particolare, perché possono essere facilmente bersaglio degli hater; a volte i ragazzi non hanno la capacità di difendersi adeguatamente e di liberarsi in modo efficace dell’hater, sviluppano pensieri negativi di autosvalutazione, isolandosi e chiudendosi sempre più in sé stessi (“Nessuno può capirmi… Se mi beccano dal vivo mi ammazzano! Forse hanno ragione, farei meglio a non farmi più vedere”).

Negli atti di sextortion, basati prevalentemente sul raggiro, gli estorsori cercano di mostrarsi credibili, sicuri di sé e reali, in modo da spaventare la vittima minacciandola di diffondere sue immagini o contenuti privati di natura sessuale. Le moderne tecnologie hanno reso sempre più facile la diffusione di tali pratiche, soprattutto negli ambienti online caratterizzati da anonimato e ampiamente accessibili (per esempio, le piattaforme di gaming o le applicazioni di messagistica istantanea come WhatsApp o Instagram). L’estorsore guadagna innanzitutto la fiducia della vittima (a volte anche ricorrendo all’uso di una falsa identità), convincendola, in seguito, a condividere delle foto o dei video intimi. Lo step successivo consiste, invece, in una vera e propria estorsione, con la richiesta di pagamenti di varia entità, spesso, reiterati con la minaccia di rendere pubblico il materiale in suo possesso. La vittima va così incontro a forti sensi di colpa, vergogna e imbarazzo, tanto da cedere ai ricatti dell’estorsore per evitare la diffusione del materiale privato. Inoltre, tali vissuti emotivi fanno sì che, spesso, la vittima non cerchi subito aiuto, ma provi invece a risolvere la questione da sola, per paura di essere giudicata a causa dei contenuti sessuali condivisi.

Istigare qualcuno significa convincere una persona a fare qualcosa, utilizzando la persuasione per farla agire in un determinato modo. L’istigazione al suicidio può essere sia di tipo materiale (l’istigatore aiuta/spinge la vittima a mettere in atto il suicidio) che di tipo psichico (l’istigatore rafforza nella vittima l’idea del suicidio). L’istigatore può prendere di mira la vittima a causa di una particolare caratteristica fisica (“Sei talmente brutto che nemmeno tua madre ti vuole!”) o caratteriale (“Se fossi insicuro come te mi sparerei, non riesci mai a decidere nulla”), insistendo su tali aspetti in modo continuato e aggressivo, a volte fornendo suggerimenti meticolosi e dettagliati su come compiere l’azione suicidaria (“Perché non la fai finita e ti butti giù dalla finestra? Mi raccomando, però, scegline una bella in alto, altrimenti rischi solo di farti male!”). La vittima, esasperata dalle continue angherie e pressioni, sente, allora, di non avere altra via d’uscita se non quella di mettere in atto il suicidio, visto come gesto liberatorio e unica soluzione.

Il sexting, ovvero lo scambio di messaggi “spinti” o di immagini dove ci si mostra nudi o in atteggiamenti sessualmente espliciti, non rappresenta di per sé un reato, soprattutto se rientra nelle pratiche consensuali con il proprio partner. A volte, però, tali contenuti vengono condivisi pubblicamente fino a diventare virali, raggiungendo una moltitudine di sconosciuti senza che la vittima ne sia a conoscenza: la condivisione e la diffusione di questo genere di materiale che riguarda i minori dei 18 anni costituisce un reato. Le motivazioni dietro a questo gesto sono, spesso, legate al desiderio di vendetta del partner in conseguenza di un rifiuto, una grave discussione, un tradimento o la rottura della relazione, cui questi reagisce pubblicando sui social o in chat materiale di natura sessuale, al solo scopo di procurare un danno all’altra persona, esponendola alla pubblica gogna. In questi casi il reato che si configura potrebbe essere il revenge porn, aggravato dal fatto che venga fatto in danno di minori. Tale pratica, inoltre, può verificarsi in rapporti di amicizia, laddove ci si vendica di un torto subito, inviando contenuti intimi. Una volta che i messaggi o le immagini vengono condivisi in rete è, tuttavia, difficile eliminarne traccia e ciò porta la vittima a sperimentare vissuti di impotenza, vergogna, senso di colpa, fino a conseguenze più gravi come disturbi d’ansia o depressivi.

Chi lancia una sfida sui social, lo fa allo scopo di raggiungere il maggior numero possibile di utenti per guadagnare, gloria, e popolarità. Spesso e volentieri queste sfide diventano virali e incontrollabili. Le azioni usuali oggetto di challenge sono di vario tipo e vengono fotografate e/o filmate, il protagonista tagga amici o semplicemente i suoi contatti, utilizzando anche diversi canali social dando vita così al contagio. Il fatto allarmante di questa moda esplosa sui social è che vanta tra i suoi protagonisti i più giovani tra i ragazzi e spesso le sfide hanno un comune denominatore, la pericolosità delle condotte filmate che al tempo stesso provoca in chi le attua e chi le guarda una tempesta adrenalinica accompagnata spesso da stupore. Colui che lancia la sfida mira ad accumulare followers e accrescere la propria autostima basata sul riconoscimento sociale della sua immagine. In una fase molto delicata per lo sviluppo personale, mettersi alla prova davanti ad una platea molto vasta, può segnare le tappe della formazione identitaria, testando, ad esempio, fin dove arrivano i propri limiti. Ma questo non è l’unico aspetto delle challenge perché anche la voglia di sperimentare cose nuove e di provare sensazioni forti può portare a simili condotte rischiose. Se da una parte c’è chi lancia la sfida, dall’altra c’è chi la recepisce, la riconosce e la approva, la fa propria e a sua volta la rilancia. In questo perpetuarsi delle sfide si formano delle vittime che potrebbero sperimentare gli aspetti avversi e talvolta letali che si nascondono dietro queste condotte.

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